E la notte santa graziò Napoleone

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centrostudigioacchinoenapoleone
view post Posted on 20/4/2009, 08:20




Pino Corrias - La carrozza di Napoleone Bonaparte passò al galoppo un minuto prima dell' esplosione che avrebbe potuto cambiare il mondo e i secoli a seguire. Parigi si infiammò all' istante, illuminando urla, polvere e morti accatastati. Poi l'aria gelò. Tre congiurati erano in fuga. La notte era in frantumi, ma non la Francia, non Napoleone che entrò indenne e furibondo nella splendore di cristallo del Teatro dell' Opera. Tutti si alzarono per lo spavento e per l' applauso: il Primo console è vivo e questa è la sua notte, la notte di Natale, anno XI dalla Rivoluzione, 24 dicembre 1800. Napoleone è vivo per un colpo di mano del destino e per l' acquavite che ha riscaldato i muscoli del suo cocchiere César Germani, che ha frustato più del solito le due coppie di cavalli lanciandole lungo i giardini delle Tuileries e poi nella strada stretta dell' agguato, rue Saint-Nicaise*, in un frastuono completo di ruote che scheggiano il selciato, fanno vibrare le vetrine dell' orologiaio Lepautre e tutti i passanti imprigionati dal freddo e dalla luce gialla dei lampioni. I congiurati aspettano da ore. Hanno piazzato un barile di polvere nera e chiodi su un carro davanti al Café Apollon, tra il cappellaio Ometz e il parrucchiere Vitry. Uno di loro ha ingaggiato una ragazzina che in rue du Bac vende piccoli pani ai passanti. Si chiama Pensel, ha quattordici anni, indossa una gonna pesante blu e bianca, una casacca di lana grigia. Per dodici soldi deve fare la guardia al cavallo in modo che non si sposti con il carro e con il barile di polvere esplosiva che tra un po' la ucciderà. Quella di Napoleone è la prima di quattro carrozze. Viaggia con il ministro della guerra Berthier, con il generale Jean Lannes e il colonnello Lauriston, il suo aiutante di campo. Nella seconda carrozza ci sono la moglie, Joséphine de Beauharnais, e la sorella Caroline, incinta all' ottavo mese. Nelle altre viaggia il seguito. Ai lati galoppa la scorta di granatieri. Alle otto di quella sera al Teatro dell' Opera appena ribattezzato della Repubblica e delle Arti debutta La Creazione di Haydn. Sul palco centrale, hanno scritto i giornali parigini, siederà Napoleone. Napoleone ha trentuno anni, molti nemici, molto onore, ma non ancora tutto il potere. Ha messo in fuga gli inglesi a Tolone. Ha battuto i piemontesi a Millesimo. Gli austriaci a Marengo. Ha conquistato Milano, Venezia e l' Egitto. Ha sguinzagliato attraverso l' Europa le idee che hanno sbriciolato le mura della Bastiglia, annunciando la fine delle disuguaglianze feudali, dell' intolleranza religiosa e di tutte le tirannie dell' Ancien Régime. Ma in patria è il potere assoluto che cerca e che pretende: ha appena liquidato il Direttorio, coltiva la propria gloria, prepara il trono dell' impero. Così ha raddoppiato i nemici: per aver tradito la Rivoluzione lo vogliono morto i giacobini; e tutte le case regnanti per averla esportata. Il segnale dice che la carrozza è in vista. Il tuono del galoppo lo conferma. L' innesco è acceso. Ma l' umidità della notte lo rallenta: la carrozza corre più veloce della miccia. E quando il barile e i ferri esplodono, la carrozza ha già voltato l' angolo di rue du Faubourg Saint-Honoré. Viene ferito l' ultimo granatiere che chiude la scorta di Napoleone e muore il primo cavallo della carrozza che segue, quella della moglie Joséphine che sviene. In quell' intervallo di spazio, la strage. Muoiono i passanti, i clienti del café, due donne alla finestra, ventidue persone in tutto. E di Pensel, la ragazzina, restano pezzi di carne sulla strada, tra i legni del carro sbriciolato, la testa intera del cavallo e altri cinquantasei feriti. è il sangue del nuovo secolo che proprio la notte di Natale inaugura la parola "terrorismo". è "la macchina infernale", come diranno le gazzette disegnando l' esplosione in prima pagina, che dall' ombra versa il sangue innocente, ferisce alle spalle la Francia e adesso chiede vendetta. Napoleone accusa i giacobini. E in particolare un gruppo chiamato Les Exclusifs. Scatena il pallido Fouché, ex seminarista, ex rivoluzionario, amico di Robespierre e adesso di Napoleone, ministro di polizia, re di tutte le spie, re di tutti i tradimenti. «Ci vuole un po' di sangue», detta il Primo console al Consiglio di Stato. Il Senato ratifica. Fouché esegue. La ghigliottina torna in piazza. Tornano in piazza i plotoni. I suoi uomini imprigionano centotrenta giacobini sospetti. E senza processo li imbarcano verso le colonie penali della Guyana e delle Seychelles da cui non torneranno mai più. Ma quel che risarcisce Napoleone non accontenta Fouché, il quale incarica il suo migliore investigatore, il prefetto Dubois, di cercare la luce nel buio, seguire gli indizi della verità e non gli inganni della propaganda. Si riparte dalla rue Saint-Nicaise, dai resti del carro e dalla testa del cavallo aggiogato. Un tale Lamballe, mercante di grano, dichiara di aver venduto per duecento franchi proprio quel carro e quel cavallo a un ambulante che diceva di commerciare zucchero. Non lo aveva mai visto prima, ma ricorda il mantello, ricorda l' accento bretone, il corpo tozzo e specialmente la faccia, con la barba nera e una grossa cicatrice che gli spacca il sopracciglio. Venticinque giorni dopo l' attentato, il 18 gennaio, il fantasma ha i ferri ai polsi. Si chiama Jean Carbon, detto Petit Francois. Lo arrestano dentro alle mura del convento di Notre-Dame des Champs, dove si era rifugiato. Ma non è affatto un giacobino. è un fervente monarchico che sogna Luigi XVIII sul trono e l' usurpatore còrso nella polvere. Lo interrogano con il fuoco e le tenaglie. Gli estraggono tutti e sette i nomi della congiura e abbastanza sangue da maledire la vita. Due nobili stanno in cima al complotto: Pierre Robinault de Saint-Réjant, ex ufficiale della Marina reale, e Joseph-Pierre Picot de Limoelan, veterano della guerra di Vandea. Hanno ricevuto ventimila sterline dagli inglesi e istruzioni da Georges Caudoudal, monarchico, che i servizi segreti britannici hanno riportato clandestinamente in Francia per uccidere Napoleone. I congiurati hanno impiegato due mesi a perfezionare il piano, scartando il veleno o il pugnale, come gli odiati giacobini - lo scultore italiano Arena, i rivoluzionari Topino-Lebrun e Demerville - arrestati e adesso pronti per la ghigliottina, avevano tentato cinque mesi prima. Hanno scelto di usare la polvere da sparo, ma in forma di bomba, riempiendo un intero barile, aggiungendo i chiodi e i sassi per renderla micidiale e poi sigillarla con dieci grossi anelli di ferro. La certezza di uccidere uomini e donne innocenti neanche li sfiora. Anticipano il peggio dei secoli a venire inaugurando l' attentato di massa. Napoleone è il male assoluto. E la ferocia è il suo rimedio. Dirà Saint-Réjant al processo: «La polvere e la miccia non erano buone quanto avrebbero dovuto. Lo sbaglio è lì. Non nel complotto. E neppure nel piano». è lui con Carbon che quel pomeriggio del 24 dicembre indossa la blusa dei carrettieri e parcheggia il carro a metà della strada. è Limoelan che intorno alle sette di sera ingaggia la più innocua tra la folla degli ambulanti, Pensel, la ragazzina, con i suoi pani in vendita. Deve solo tenere a bada il cavallo. Un' ora, dodici soldi, mentre lui, in fondo al carro, carica e scarica. Intanto Carbon e Saint-Réjant vanno all' imbocco della via per il segnale. Ecco, ci siamo. Appena il tempo di accendere la miccia nascosta, dire alla ragazzina di non muoversi, allontanarsi senza correre. Poi l' ondata dei cavalli che il cocchiere Germani sprona. Gli evviva dei passanti che hanno riconosciuto Napoleone. Anche se Napoleone, che ha imparato a dormire a comando, si è appena addormentato. Poi il tuono, la luce, l' aria rovente. E il nero. Carbon e Saint-Réjant saliranno sul patibolo in place de Grève il 21 aprile 1801. Hanno il volto coperto da una stoffa nera che il boia gli sfila prima di farli inginocchiare davanti alla ghigliottina. Tutti e due gridano «Per il re!» e muoiono indossando la camicia rossa dei parricidi. Limoelan non verrà mai catturato. è riuscito a imbarcarsi clandestino per gli Stati Uniti d' America. Lo consuma il ricordo di Pensel, la ragazzina. Nel 1816 si fa frate. Entra in convento. Rispetterà per sempre la regola del silenzio, perseguendo l' oblio. A eccezione di ogni 24 dicembre, anniversario della strage. Quando andrà a sdraiarsi davanti all' altare per piangere, al buio, il tuono di Parigi e gli occhi di Pensel. Per tutta la notte, aspettando il Natale.
* La rue Saint-Nicaise oggi non esiste più. Il luogo dell' attentato corrisponde, più o meno, a dove è stata collocata la statua di Léon Gambetta dentro ai nuovi confini dei giardini delle Tuileries.
fonte: Repubblica, 31 dicembre
 
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