ATTENTI AL NAPOLEONE GIUDIZIARIO

« Older   Newer »
  Share  
centrostudigioacchinoenapoleone
view post Posted on 17/4/2009, 12:13




Michele Coiro - NON vorrei passare per un "laudator temporis acti", per un uomo cioè ancorato al passato, ma gli avvenimenti di questi ultimi anni e la parte avuta dalla magistratura nel superamento di un certo assetto di potere, inducono ad alcune riflessioni. La confusione di linguaggi, le accuse e i sospetti fra il potere giudiziario e quello politico, l' abbassarsi dello scontro politico al livello delle cronache giudiziarie, sono segni che fanno pensare a una società che ha perso il senso dell' orientamento o, peggio, a una civiltà giunta al termine della sua evoluzione. Una società che ha visto i suoi tradizionali valori naufragare in un mare di non valori che hanno preso il sopravvento ma che non sono stati in grado di assicurare validi punti di riferimento. Alcuni canoni fondamentali della condotta dei magistrati sono stati cancellati da comportamenti divenuti quasi abituali, se non necessari, nella conduzione di un certo tipo di indagini. Il tradizionale riserbo, che aveva ispirato fino allora la condotta dei magistrati, è stato ritenuto un valore superato, se non un ostacolo alla pubblicizzazione delle indagini. Pubblicizzazione necessaria, si disse, per ottenere il consenso della pubblica opinione e, quindi, la forza di continuare. I magistrati che combattevano la pubblica corruzione scoprirono così la forza dei mass media e ottennero che l' informazione seguisse le indagini minuto per minuto. Si scatenò, nel paese, un' ondata giustizialista che fece ritenere colpevoli tutti gli indagati e tutti coloro i cui nomi in qualche modo emergevano dalle indagini. I prezzi pagati furono alti: alcuni suicidi in carcere e fuori, molto fango lanciato su innocenti. Ma i risultati furono entusiasmanti. La gente faceva la fila per confessare, per paura del carcere. Molti avvocati si arricchirono facendo i consiglieri e gli accompagnatori dei "confidenti". Si era completamente dimenticato che il riserbo è un valore alto, diretto a evitare sia l' esposizione alla gogna di indagati e no, sia che il clamore pubblico influenzasse il giudizio del magistrato. Abbattuto il valore del riserbo non si è esitato a nullificare un altro consequenziale valore, l' evitare, cioè, che il magistrato parlasse dei processi in corso a lui affidati. Rimase, per lui, solo il dovere di non divulgare atti coperti dal segreto istruttorio. Ma anche questo valore è stato superato dalla norma che impone il deposito di tutti gli atti nel momento della emissione del provvedimento di custodia cautelare, con la conseguente conoscibilità da parte dell' imputato. Si è così avuta una continua fuga di notizie, proprio di quelle notizie che nessun imputato avrebbe gradito di veder pubblicizzate. Si è diffuso il sospetto che il divulgatore andasse ricercato in ambiti diversi da quelli dell' imputato. La concreta abolizione del segreto istruttorio ha determinato una certa disinvoltura dei magistrati nella valutazione del rispetto dovuto alle persone che non erano oggetto di indagini. E' quindi accaduto che venissero pubblicate notizie di vita privata di persone totalmente estranee al processo. La cancellazione di questi valori che, ripeto, sono valori assoluti da valere in ogni contingenza, ha comportato che l' opinione pubblica, che è naturalmente ostile al "palazzo", considerasse irrimediabilmente disoneste tutte le persone importanti il cui nome forse è stato fatto da uno qualsiasi dei testimoni o, peggio, degli intercettati. Il nome, infatti, emergeva dalle carte processuali, ancora ammantate di una certa sacralità. Le ondate di accuse e sospetti finirono per colpire gli stessi magistrati che conducevano le inchieste e causarono il fenomeno dei magistrati di un ufficio che indagavano sui magistrati di un altro ufficio. E si parlò di una guerra per bande all' interno del corpo giudiziario e della necessità che qualcuno ponesse la parola fine alla guerra. Il paragone con la Rivoluzione francese (si parva licet componere magnis - se è possibile paragonare le cose piccole alle grandi) sorge spontaneo. La ghigliottina per Robespierre e Saint Just segnò l' irrimediabile declino della rivoluzione la cui fine venne definitivamente sancita da Napoleone Bonaparte. Un Napoleone giudiziario tenta, ogni tanto, di affacciarsi nel panorama italiano. L' autore è direttore generale dell' Amministrazione penitenziaria.
fonte: Repubblica 22 ottobre
 
Top
0 replies since 17/4/2009, 12:13   23 views
  Share