IL BEL RENE'

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view post Posted on 17/4/2009, 11:31




Elena Guicciardi - Per il lettore comune l' immagine di Francois René de Chateaubriand s' identifica con quella del gentiluomo cattolico e solitario, autore del Genio del Cristianesimo e delle Memorie d' oltretomba. Ma egli fu anche Pari di Francia, diplomatico, ministro degli Esteri, giornalista, polemista, direttamente impegnato nelle lotte per il potere che sconvolsero la Francia fra la caduta di Napoleone e l' avvento al potere di Luigi Filippo. Un periodo in cui si assiste allo sfascio delle ideologie rivoluzionarie del sistema politico, che ricorda da vicino le convulsioni di questa fine del Ventesimo secolo. Di qui l' interesse della riscoperta di sette dei maggiori testi politici di Chateaubriand, compilati e pubblicati fra il 1814 e il 1831 e oggi ristampati per la prima volta nella collezione Acteurs de l' histoire diretta dallo storico Georges Duby (Chateaubriand-Grands écrits politiques, Imprimerie Nationale, 796 pagine, 340 franchi). Nato nel 1768, sei anni dopo la pubblicazione del Contratto sociale, e morto nel 1848 qualche mese prima dell' uscita del Manifesto di Marx e Engels, Chateaubriand, di origine aristocratica, fu alternativamente sensibile alle teorie di Rousseau e agli ideali della Rivoluzione del 1789 e difensore dei costumi feudali, considerato "ultra" dai liberali e liberale dagli "ultra", ardente apostolo della Restaurazione monarchica, poi oppositore di Luigi Filippo, partigiano della monarchia di diritto divino e promotore di una "Carta costituzionale" destinata a privare il sovrano di qualsiasi potere. Un modello aristocratico per la democrazia I suoi nemici l' hanno accusato di essere "un camaleonte". Jean-Paul Clément, docente all' Istituto di studi politici di Parigi, che ha curato l' edizione critica di questi scritti politici, sottolinea nella sua introduzione le ambivalenze e i paradossi dell' autore, iscritti in una dialettica della rottura e della continuità, addebitandoli al "rifiuto di ideologie a pretese universaliste", alla necessità di "conciliare il senso della storia e il destino delle nazioni", alla passione della libertà congiunta all' aspirazione a "fondare un modello aristocratico per tempi democratici". Nelle Memorie d' oltretomba Chateaubriand propone una chiave di lettura più esistenzialista: "Mi son trovato a cavallo di due secoli, come alla confluenza di due fiumi; mi son tuffato in acque torbide, allontanandomi a malincuore dalla vecchia riva dov' ero nato e ho nuotato pieno di speranza verso una riva ignota". Sulla riva dove era nato, figlio del signore di Combourg, egli fu "l' ultimo testimone dei costumi feudali", in reazione ai quali sognò un mondo utopico fondato su un amalgama "di idee cavalleresche e di sentimenti indipendenti". Specie di "Machiavelli dell' ideale" tenterà di forgiare una morale politica derivata dalla religione cristiana e dalla forma mentis del "cittadino-gentiluomo". Allo scoppio della Rivoluzione Chateaubriand va in esilio in Inghilterra e in America, ma non si schiera fra i controrivoluzionari ottusi. Riconoscerà ai giacobini il merito di aver capito il "vizio radicale" di un sistema politico fondato sull' ineguaglianza, per cui era "assurdo pensare a una democrazia senza una rivoluzione totale sul piano della morale". "Se si esclude la verità morale dalla verità politica, non c' è più ragione di preferire la libertà alla schiavitù, l' ordine all' anarchia", afferma, aggiungendo che "c' è sempre qualcosa di buono in una rivoluzione". Nei suoi Studi storici del 1831 sarà il primo ad enunciare l' idea, poi ripresa da Tocqueville, secondo la quale la rivoluzione fu in gran parte l' opera della monarchia capetingia, "di cui ereditò il genio essenzialmente autoritario e centralizzatore". Successivamente farà marcia indietro, denunciando i crimini atroci commessi e le dottrine funeste propagate in nome dei Lumi, della libertà e dell' eguaglianza. Rientrato in Francia nel 1800, dopo sette anni di esilio, Chateaubriand sposa la causa di Napoleone Bonaparte, allora primo console, che si appresta a firmare il concordato con Pio VII, gli dedicherà la seconda edizione del suo Genio del Cristianesimo, celebrandolo come l' uomo che "la Provvidenza ha designato per compiere i suoi prodigiosi disegni". Bonaparte lo nomina segretario della legazione a Roma, ma i malintesi fra loro non tardano a sorgere. E il pamphlet gli costò un nuovo esilio La rottura definitiva sarà provocata dall' assassinio del duca d' Enghien, denunciata da Chateaubriand in un articolo del 1807, che prefigura un feroce pamphlet del 1814, De Buonaparte, des Bourbons. Buonaparte scritto all' italiana per significare il suo disprezzo nei confronti dello "straniero", del corso di discendenza "semiafricana". "Usurpatore" acceduto al trono di Francia servendosi come marciapiede del corpo sanguinolento del duca d' Enghien. Responsabile di "atti empi, sacrileghi, odiosi e soprattutto antifrancesi", quali l' imprigionamento di Pio VII o la guerra di Spagna. Falso Alessandro Magno, delle cui conquiste clamorose non rimane che "la sterilità dei deserti". Traditore della Rivoluzione. Tiranno peggiore di Nerone. Nuovo Sade di cui "i crimini, l' oppressione, lo schiavismo progrediscono di pari passo con la follia". Tale pamphlet costò al suo autore un nuovo esilio. Chateaubriand non sarà commosso dalla triste sorte del prigioniero di Sant' Elena "che ha conservato nella sua umiliazione il suo carattere di commediante". Rivedrà tuttavia parzialmente il suo giudizio nelle Memorie d' oltretomba, dove afferma che Napoleone "re proletario", coniugando "despotismo ed eguaglianza costituì uno degli anelli essenziali della Rivoluzione democratica". Dopo "la duplice lezione dell' anarchia e del dispotismo", Chateaubriand appoggia la restaurazione dei Borboni, "i soli medici che possano risanare le ferite della Francia". Ma ben presto si impegna in una nuova battaglia sul terreno delle libertà e dei diritti costituzionali attraverso i suoi scritti nel "Conservateur" e nei "Débats" e la creazione della "Société des amis de la presse". Questa sua attività di pubblicista e polemista culmina con la pubblicazione de La Monarchia secondo la Casta, sorta di catechismo costituzionale in cui, riferendosi al modello inglese, postula l' irresponsabilità del sovrano negli affari pubblici e la devoluzione dei pieni poteri al governo, ma sotto il controllo dell' opinione pubblica e della stampa. Questo opuscolo verrà sequestrato. L' ex conservatore, diventato ultraliberare, cade di nuovo in disgrazia. Il suo isolamento si aggrava nel 1830 quando si oppone all' intronizzazione di Luigi Filippo, capostipite della dinastia orleanista, che secondo lui usurpa il trono dei Borboni. Il suo canto del cigno in quanto uomo politico sarà Della Restaurazione e della Monarchia elettiva, un testo che riecheggia l' ispirazione biblica e le Filippiche di Cicerone. Si conclude con queste parole amare: "Ero l' uomo della Restaurazione possibile, della Restaurazione con ogni specie di libertà. Questa Restaurazione mi ha preso per nemico e si è perduta: devo subire la sua sorte...". Chateaubriand trascorrerà i suoi ultimi anni di vita in una solitudine grandiosa, scrivendo le sue Memorie d' oltretomba che usciranno postume.
fonte: Repubblica 20 agosto
 
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