E ADESSO FRANCESI PAGATE A VENEZIA I DANNI DI GUERRA

« Older   Newer »
  Share  
centrostudigioacchinoenapoleone
view post Posted on 17/4/2009, 11:15




Roberto Bianchin - Se i partiti non ce l' hanno fatta, ci proveranno gli ultimi aristocratici a risollevare le sorti traballanti della città dei Dogi. E dove ha fallito la politica trionferanno, forse, gli uomini dal sangue blu. Questa, almeno, è la segreta speranza di un gruppo di patrizi veneti discendenti da quella classe aristocratica che ha retto il governo della Repubblica di Venezia per 500 anni, che hanno deciso di costituire una associazione. Si chiama Unione dei patrizi veneti e verrà battezzata a Venezia domenica 12 maggio, in ricordo dice il conte Ranieri Da Mosto, veneziano, uno dei promotori di quella seduta illegale del Maggior consiglio del 12 maggio 1797, dopo la quale l' allora doge Ludovico Manin e la Signoria cedettero egualmente il potere senza una valida legittimazione, spaventati dalla violenta minaccia delle truppe francesi di Napoleone Bonaparte. Nata per iniziativa di Da Mosto, gastronomo, ex giornalista della Rai oggi in pensione, del direttore della biblioteca Marciana Marino Zorzi, dei conti Gerolamo Marcello e Paolo Renier, la Unione dei patrizi veneti conta già una cinquantina di adesioni. Non si prefigge scopi politici, anche se qualcuno l' ha già ribattezzata la Lega dei nobili, ma squisitamente ideali, come recita il suo statuto, depositato nello studio del notaio Paolo Chiaruttini. Il suo principale obiettivo sarà quello di costituire un punto d' incontro fra i patrizi. Non solo. I nostalgici della Serenissima si sono dati anche uno scopo pratico: quello di operare per il recupero del patrimonio storico, artistico ed economico dello stato veneto, distrutto o asportato durante le occupazioni straniere succedutesi dopo il 1797. In particolare, viste le razzie compiute da Napoleone Bonaparte, sono intenzionati a chiedere i danni di guerra alla Francia, che hanno quantificato in una somma astronomica: qualcosa come 600-700 mila miliardi. Non temono il ridicolo, gli ultimi rampolli delle grandi casate venete, che tornano a inalberare il vessillo di San Marco per celebrare di nuovo le glorie del nostro leon che si sono scelti e non poteva essere diversamente come simbolo. Conti, baroni e marchesi che abitano ancora i palazzi sul Canal Grande e le ville palladiane sulle dolci colline venete (anche se c' è chi si è mangiato intere fortune) rispolverano per l' occasione gli stemmi e gli stendardi di famiglia. Saranno in molti, promette Da Mosto, alla prima riunione. Anche se un po' decaduti, anche se un pò avanti con gli anni. Ci saranno i Loredan (Alvise, Piero e Marco) che in famiglia hanno avuto tre dogi, i Marcello che ne contano uno, i Bragadin, i Cappello, i Cicogna, i Corner, gli Emo Capodilista. Molti verranno anche da altre città, perché essendo stati ambasciatori della Serenissima, avevano ottenuto in cambio il titolo di patrizi. E' il caso degli Spadafora di Palermo, dei Ludovisi di Roma, dei Colonna di Palliano e di Stigliano. Non è facile infatti entrare a far parte della neonata associazione. Possono farlo soltanto i discendenti in linea diretta e maschile delle famiglie patrizie che facevano parte del Maggior consiglio della Repubblica veneta alla data del 1797, e comunque iscritte al libro d' oro della Repubblica. Le Nobil donne invece, che già a quell' epoca non venivano molto considerate, dal punto di vista del diritto al titolo, potranno aderire alla Unione dei patrizi solo nelle forme che verranno stabilite in sede di regolamento e purché discendenti dalla stesse famiglie patrizie o divenute patrizie per matrimonio. Organizzata con un consiglio maggiore ed uno minore, con procuratori e cancellieri, l' Unione punterà anche, tra le sue attività, alla ricerca ed elencazione di tutti i patrizi viventi una sorta di Chi l' ha visto? della nobiltà e alla lotta alla decadenza sociale, fisica ed economica di Venezia, in modo da recuperarne la funzione di città di altissimo prestigio, in una linea di continuità con il passato e di concrete aperture per il futuro. Ranieri Da Mosto, infatti, non ha dubbi quando si tratta di attribuire le colpe. Quelle dei mali d' Italia sono di Casa Savoia, quelle dei mali di Venezia di una classe dirigente che più mediocre non si può. Venezia è in declino perché al potere ci sono delle figure modeste perché non ci sono più i Volpi, i Cini, i Gaggia i Barnabò.
fonte: Repubblica 1 maggio
 
Top
0 replies since 17/4/2009, 11:15   64 views
  Share