VENGA A PRENDERE UN TE' DA EPICURO

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centrostudigioacchinoenapoleone
view post Posted on 17/4/2009, 10:59




Simonetta Fiori - All' ultimo piano di un sontuoso palazzo secentesco, nel cuore di una metropoli del Mezzogiorno, esistono ancora le eroine di Epicuro. Sbaglia chi indulge a suggestioni edonistiche. Le odierne vestali sono delle studiose irreprensibili, conoscono a perfezione greco e latino e comunicano tra loro attraverso il codice P. Herc., che tradotto in volgare suona Papiri Ercolanesi. All' Officina epicurea s' arriva per una scala ripida e stretta, in cima al Palazzo Reale di Napoli, dopo aver percorso un meandro oscuro che odora di polvere e di pagine antiche. Una luce violenta, riverberata dal soffitto a vetri, annuncia l' ingresso a quel che resta della Biblioteca di Filodemo di Gadara, un poliedrico gentiluomo vissuto nel primo secolo avanti Cristo tra la Siria, Atene ed Ercolano. Verso i 35 anni e dopo un amore tormentato per una bionda di nome Santò, Filodemo pronunciò un malinconico Addio alla follia e ai suoi versi leggeri per farsi discepolo di Epicuro alla scuola di Zenone Sidonio. Approdato nella Campania felix, sul litorale che Seneca avrebbe definito più tardi covo di lussuria, mise su una biblioteca molto fornita Epicuro, Polistrato, Demetrio Lacone e tanti altri nella opulenta villa di Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, il potente suocero di Giulio Cesare. L' ampio belvedere affacciato sul Tirreno divenne ben presto oasi dello spirito epicureo. Ora la scienza e le letture di Filodemo sono racchiuse entro 1.826 papiri carbonizzati. Documenti che proiettano sullo schermo della memoria le immagini del circolo ercolanese, gli interni a mosaici della residenza Muscion vicina al mare, le diatribe ideali movimentate da Virgilio, Quintilio Varo, Vario, Plozio e forse Orazio, magari accomodati davanti a un gustoso piatto di maiale e a un bicchiere di vin di Chio. Tutta una cultura filosofica, in un' epoca appassionante patriai tempore iniquo, in tempi calamitosi, scriveva Lucrezio , sbriciolata in fogli anneriti sotto teche di vetro oppure tesi nelle cornici di metallo. Soccorrevoli e solenni, le eroine di Epicuro si danno un gran daffare intorno al loro maestro, il professor Marcello Gigante, sessantasei anni, direttore del Dipartimento di Filologia classica all' università di Napoli, un' autorità internazionale nell' intrigante campo della papirologia. Da oltre vent' anni si dedica ai misteri della villa d' Ercolano sintesi perfetta tra cultura scritta e arti figurative sulle tracce di Winckelmann e del sovrano verso il quale nutre sincera devozione, re Carlo di Borbone, il fondatore dell' archeologia moderna, aggiunge. Il professor Gigante abita a Palazzo Tarsia, sulle pendici del Vomero. Per arrivare a casa, deve passare sotto uno dei due archi scalcinati che cingono appunto piazza Tarsia, luogo un tempo nobile, oggi area di parcheggio per roulottes-alloggio. Il più grande di questi archi l' ho ribattezzato Epicuro, l' altro Filodemo, dice stemperando nel sorriso l' amarezza per una città in rovina. Sulla sua terrazza immensa, quasi un ettaro si tiene due volte l' anno il tè papirologico, appuntamento fisso per una ristretta accolita di studiosi che arrivano da ogni parte d' Italia. La nostra è una comunità epicurea spiega bonario il professore . Viviamo appartati, rispettiamo la filìa ed esiste tra noi piena libertà di parola, così come ci ha insegnato Filodemo ne I modi di vita, l' opera che piacque tanto a Foucault. Soltanto una novità è riuscita a scuotere recentemente la serafica comunità epicurea. La scoperta sarà annunciata al congresso pisano di fine agosto della Fiec (Fédération internationale des études classiques), quindi sul prossimo numero della rivista Cronache ercolanesi. Su due papiri campani, lo studioso norvegese Knut Kleve ha riconosciuto sedici frammenti di Lucrezio, scritti da un' unica mano con caratteri diversi. Si tratta di brani sfilacciati, appartenenti a quattro dei sei libri del De rerum natura. Ciò significa spiega Gigante che nella Biblioteca di Filodemo c' era l' intera opera del massimo poeta latino epicureo. Il ritrovamento conferma un' ipotesi che vado sostenendo da tempo. La fastosa dimora di Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, oltre al Carmen de bello actiaco, l' unico testo latino rilevante sopravvissuto alla lava, potrebbe ancora custodire tra le macerie alcuni volumi degli Annales di Ennio o magari testi di Livio che ancora non conosciamo. La villa risale agli anni Settanta avanti Cristo, il latino era la lingua comune e la residenza di un grande uomo politico non poteva non avere i classici della romanità. Le scoperte che il professiore tiene in serbo per il congresso internazionale non finiscono qui. Quattro anni fa Gigante tenne un ciclo di lezioni sull' epicureismo al Collège de France. Sapeva che nelle biblioteche parigine erano conservati papiri donati nel 1802 da Ferdinando IV Borbone a Napoleone Bonaparte. Con l' aiuto di Robert Marichal, accademico di Francia, riuscii a trovare il frustulo papiraceo con brani sparsi di Filodemo su adulazione e calunnia, temi particolarmente sentiti nella Roma dilaniata dalle guerre civili. La scoperta non sarebbe così affascinante se, per la prima volta nella storia dei papiri ercolanesi, accanto ai nomi degli augustei Plozio Tucca, Lucio Vario Rufo e Quintilio Varo, non avessimo ritrovato il nome di Virgilio scritto in greco per esteso. Che cosa dimostra? Quando Virgilio decise di drizzare le vele al beato porto di Napoli, oltre all' epicureo Sirone e la sua villa di Posillipo, frequentava sicuramente il circolo di Filodemo a Ercolano. Credo di ritrovarne un' allusione in quel vicina Vesaevo ora iugo contenuto nel secondo libro delle Georgiche. E' dunque la prima volta che possiamo con certezza ambientare Virgilio nella villa d' Ercolano? Finora non avevamo testimonianze sicure. Mentre Orazio cita Filodemo in una delle sue satire e Cicerone vi fa riferimento nell' Orazione pisoniana, Virgilio non ne ha mai parlato in modo diretto. Il professor Gigante che con l' amabilità del gentiluomo napoletano colto passa disinvoltamente, e senza cambiare tono di voce, dalla polemica filologica sul I volume della Herculanensium Voluminum Collectio altera al giudizio sulle melanzane alla parmigiana ha un unico cruccio: l' incomprensione mostrata da parte della cultura italiana verso gli accademici d' Ercolano. Cominciò Leopardi, facendo dell' ironia nei Paralipomeni della Batracomiomachia. Ci si è messo anche l' illustre storico Arnaldo Momigliano, che ha definito i nostri papiri monotoni. Dove sta la monotonia? E' vero che appartengono tutti all' area filosofica epicurea, ma è anche vero che costituiscono una sorta di enciclopedia dalla quale ricaviamo notizie su altre scuole di pensiero. Polemizzando con Diogene di Babilonia, Filodemo ci illustra la dottrina stoica. Polemizzando con gli scettici ci dà notizia della dottrina scettica. Una fonte preziosa. Insieme ai suoi giovani collaboratori, Gigante da dieci anni cura, per l' editore Bibliopòlis, la quarta serie della collezione ercolanese. La collana si chiama Biblioteca di Epicuro ed è arrivata a dieci volumi. C' è una differenza rispetto alle serie precedenti spega Gigante . Il testo non è più composto in colonna ma occupa l' intera pagina, affiancato da traduzione, note e commento.
Il nostro obiettivo è far uscire i papiri da questa officina, chiusa a pochi eletti. E, così dicendo, scambia uno sguardo d' intesa con le allieve, le mie eroine di Epicuro.
fonte: Repubblica 29 luglio
 
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