MIA BUONA EMMA TU SOLA MI CAPISCI...

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centrostudigioacchinoenapoleone
view post Posted on 17/4/2009, 10:48




Lucio Villari - IL 21 ottobre 1805, nelle acque della Spagna meridionale atlantica al largo di Cadice, la flotta inglese sconfisse in uno scontro breve e violento la flotta franco-spagnola guidata dall' ammiraglio Pierre Villeneuve. L' episodio è passato alla storia come battaglia di Trafalgar, ed è ricordato anche per la morte in battaglia dell' ammiraglio Horatio Nelson, che guidava la flotta inglese, e per una serie di implicazioni politiche, militari e psicologiche che possono così riassumersi: con quella vittoria finivano per gli inglesi l' incubo dell' invasione dell' isola, progettata e proclamata ai quattro venti da Napoleone Bonaparte, e il timore (molto fondato per un paese colonialista come l' Inghilterra) della perdita del controllo dei mari e dei lucrosi traffici internazionali. Dopo Trafalgar, infatti, gli inglesi saranno praticamente i padroni degli Oceani e del Mediterraneo per circa un secolo e mezzo, cioè fino alla seconda guerra mondiale. Si comprende facilmente, quindi, come Nelson si sentisse investito di un compito eccezionale e come alla sua vittoria sia stato attribuito un significato straordinario anche in relazione al destino politico di Napoleone. In realtà i fatti e le persone della Storia non sono semplici e lineari come poi vengono sistemati dagli storiografi. Trafalgar non segnò affatto la sconfitta di Napoleone (proclamato imperatore dei francesi in quello stesso anno 1805); anzi, egli restò al potere ancora per circa dieci anni, e proprio nel giorno di Trafalgar, il 21 ottobre, scriveva alla moglie Joséphine annunciandole con grande enfasi la vittoria di Ulm: Ieri ho fatto abbassare le armi a trentamila uomini. Ho sessanta-settantamila prigionieri, più di novanta bandiere e di duecento pezzi d' artiglieria. Mai simile catastrofe negli annali militari!. E si sa bene come anche da Ulm cominci l' irresistibile dominio di Napoleone su tutto il continente, insieme al suo mito, che perfino il compassato Hegel identificò con lo Spirito del mondo. Dunque Trafalgar fu solo un successo militare dell' Inghilterra, che riguardò esclusivamente gli interessi politici ed economici di questo paese, e cosa non meno importante la concezione che della guerra, del servizio militare, della disciplina ispirava le alte sfere del governo e la stessa opinione pubblica britannica. In quest' ultima cornice va inquadrata, a mio parere, la vicenda personale e militare di Nelson, e ad essa si può ricondurre il suo impegno contro la Francia napoleonica. Ne sono testimonianza anche le lettere, i brani di diario e gli ordini di servizio ora pubblicati in italiano in una nuova elegante e originale collana editoriale di Rosellina Archinto intitolata appunto Lettere (Horatio Nelson, Trafalgar, Lettere e diari, a cura di Manfred Egarter, pagg. 133, lire 14.000). Si tratta di testi brevi e brevissimi, indirizzati a personaggi diversi (per lo più militari) e alla sua amica Lady Hamilton, e inframmezzati da appunti diaristici e da lettere ricevute dallo stesso Nelson. Il tutto è relativo ai pochi mesi (febbraio-settembre 1805) che precedono lo scontro di Trafalgar. L' impressione che se ne ha è che Nelson sia stato un malato di nervi, un posseduto da depressioni e angosce e dal desiderio ossessivo di andare a caccia di navi francesi. Stranamente una ossessione di natura più militare-religiosa (Dio, Dio delle Battaglie e Gloria ricorrono spesso in queste pagine) che non militare-politica. E' probabile che l' ammiraglio non capisse pienamente i nemici (Napoleone, la rivoluzione francese e i suoi messaggi ideologici) contro i quali era chiamato a lottare. Questa incapacità di comprensione lo portava al limite della follia (il 1ø ottobre descrive alla Hamilton uno dei miei spaventosi attacchi, che mi ha quasi del tutto snervato. Era forse epilessia?) e di una brutalità criminale che manifestò, ad esempio, nel 1799 impiccando sulla sua nave, a Napoli, l' ammiraglio Francesco Caracciolo, nobile figura di patriota e di soldato. Un delitto che turbò profondamente anche la Napoli non rivoluzionaria. C' erano poi in Nelson una tentazione, compressa, di violenza e come un oscuro desiderio di morte. Forse l' avere perso in battaglia, nel 1797, il braccio destro e poi un occhio, aveva esasperato una personalità elementare e contorta. Per analogia mi torna in mente il grido Viva la Morte! lanciato dal generale Millan Astray, un militare fascista mutilato di un braccio, davanti agli allibiti studenti e docenti dell' Università di Salamanca durante la guerra civile spagnola. Infatti Nelson cercava la morte con determinazione e con coraggio, ma la corteggiava anche con un gusto macabro che è passato alla storia, come si dice, per la sua originalità. Mi riferisco alla bara avuta in dono da un suo ufficiale, il quale l' aveva ricavata dall' albero maestro della nave ammiraglia francese, L' Orient, presa a Napoleone nella battaglia di Abukir (1798). Nelson non solo accettò di buon grado l' angoscioso regalo, ma lo teneva in cabina, curandolo e agghindandolo. Era una storia così disgustosa che alla fine i suoi ufficiali, che pure ammiravano e rispettavano il loro ammiraglio, lo costrinsero a non ostentare quell' oggetto sgradevole e di malaugurio. E forse a leggere con maggiore attenzione i versi dei Sepolcri di Foscolo dove si parla del prode / Che tronca fé la trionfata nave / Del maggior pino, e si scavò la bara (Dei Sepolcri fu composto, come si sa, meno di un anno dopo Trafalgar) colpisce l' accenno alla pietosa insania che governa i sentimenti dei britannici cultori cimiteriali. L' ossessione antinapoleonica di Nelson è comunque ben documentata in questo volume. E' una ricerca spasmodica per ogni dove, della flotta francese; una caccia durata due anni, dal giugno 1803, e che diventa straziante a cominciare dalla primavera 1805. 9 marzo: Preferisco morire mille morti che lasciare il comando nel momento in cui si prevede che il nemico prenda il mare da un giorno all' altro. 10 aprile, da bordo della ammiraglia Victory, al largo di Palermo: Sono oltremodo infelice perché non sono ancora riuscito a saper nulla della flotta francese. 20 aprile: ...nonostante tutto, darò la caccia al nemico fino alle Indie Occidentali e Orientali, se saprò che questa è la sua destinazione. 7 maggio, in navigazione: Lo sa soltanto Dio, mio caro amico, quello che ho sofferto per non essere riuscito ad acchiappare la flotta nemica. (...) Ritengo più che probabile che andrò nelle Indie Occidentali (...) e laggiù spero di acchiapparlo, salvando così i nostri preziosi possedimenti in quella regione. 18 luglio, dal diario privato, in navigazione: ...niente flotta francese né notizie di essa: come mi angoscia questo, ma non ci posso far niente!. 18 luglio, al vice-ammiraglio Collingwood: come potete immaginare, sono depresso per non essermi imbattuto nella flotta nemica; e, quasi ad accrescere il mio sconforto, non riesco a trovarla. In questo giorno Nelson era sulla via del ritorno, con la flotta, da una inutile puntata fino alle coste dell' America centrale. Ma l' ansia non lo lascia un istante. 5 agosto: ...ogni attimo mi pare un' eternità perché la flotta nemica potrebbe essere al largo dell' Irlanda o nella Manica. (...) Mi sento molto sfortunato. Il 19 agosto sbarca contro voglia in Inghilterra, ma in una lettera del 16 c' è un accenno illuminante al clima che aleggiava nell' ammiragliato britannico e nella stampa londinese: Mi addolora il fatto che in un qualsiasi giornale si insinui che Lord Nelson avrebbe potuto far di meglio. E' illuminante perché la Corte Marziale era quasi in seduta permanente, pronta a colpire con estremo rigore anche i più zelanti ufficiali e marinai con la convinzione spietata e assurda che fosse assolutamente impossibile che una nave inglese non riuscisse a raggiungere l' obiettivo per il quale aveva salpato. L' assurda disciplina esistente nella marineria di Sua Maestà era infatti proverbiale e non è da escludersi che l' odio antifrancese di Nelson fosse alimentato da una esigenza esclusivamente professionale di eseguire un ordine ricevuto. Nelle lettere non è mai indicata una motivazione che vada al di là della pura e semplice caccia al nemico. Anche i rapporti di Nelson con Emma Hamilton appaiono, da questi documenti, condizionati dall' obiettivo supremo. Secondo una testimonianza Nelson, sbarcato in Inghilterra, rimase inoperoso fino al 28 settembre: Emma lo vedeva sempre depresso e a disagio e capì che l' unico interesse dell' amico era di ricevere l' ordine di riprendere la caccia ai francesi; glielo disse e Nelson con le lacrime agli occhi esclamò: Coraggiosa Emma! Buona Emma! Se ci fossero più Emma Hamilton ci sarebbero più Nelson; hai penetrati i miei pensieri. E' superfluo dire che, dal punto di vista tecnico, Nelson fu un abilissimo comandante. Egli stesso accenna, senza modestia, al tocco Nelson che gli permetteva di intuire i movimenti e le tattiche della flotta nemica preparando piani di battaglia ineccepibili (come si vide appunto a Trafalgar). Tuttavia, sento riaffiorare la lievissima ironia foscoliana quando leggo un' altra testimonianza riportata in questo libro: Prima di lasciare Londra, egli fece visita a Mr. Peddieson, il suo tapezziere, e con la consueta gaiezza e buon umore lo pregò di far incidere sul coperchio della bara l' attestazione della sua identità, perché, aggiunse Sua Signoria, ritengo altamente probabile che potrei averne bisogno al mio ritorno.
fonte: Repubblica — 27 dicembre
 
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